C’era una volta…. una pubblicità che non riuscivi a toglierti dalla testa!
Magari era uno spot della Coca-Cola che evocava nostalgia, o un messaggio di Apple che ti faceva sentire parte di qualcosa di più grande. Almeno una volta nella vita è molto probabile che tu abbia comprato un prodotto solo perché sembrava “limitato” o perché tutti lo stavano acquistando.
Ma cosa succede davvero dietro le quinte del marketing?
La verità è che le aziende di successo non vendono realmente prodotti, vendono percezioni.
Dietro ogni decisione d’acquisto c’è una danza silenziosa di emozioni, bias cognitivi e trigger psicologici che influenzano il nostro comportamento senza che ce ne accorgiamo.
I grandi brand hanno perfezionato l’arte di sfruttare leve psicologiche non convenzionali, quelle che colpiscono direttamente il subconscio e ci spingono all’azione senza bisogno di riflettere troppo.
L’effetto ancoraggio: quando il primo prezzo inganna la percezione
Hai mai visto un prodotto scontato da 299€ a 149€ e pensato subito di fare un affare? Questo è l’effetto ancoraggio in azione. Il prezzo originale è un riferimento, un punto di ancoraggio che fa sembrare irresistibile il prezzo scontato. Senza quel primo valore più alto, probabilmente i 149€ non sembrerebbero così convenienti.
I brand usano questa strategia ovunque: nei menù dei ristoranti, nei siti di e-commerce e persino nei lanci di nuovi prodotti.
Apple, ad esempio, introduce prima il modello di fascia alta per far sembrare più accessibile il modello base, anche se il suo prezzo è comunque elevato.
Il bisogno di appartenenza: vendere un’identità, non un prodotto
Nike non vende scarpe, vende l’identità dell’atleta. Tesla non vende auto, vende innovazione ed esclusività. Le persone acquistano non solo per bisogno, ma per appartenenza.
Se un marchio riesce a collegarsi a un’idea, a un valore o a un gruppo sociale, ha già vinto.
Non è un caso che i brand di lusso creino campagne che evocano aspirazione e status: il loro vero prodotto non è la borsa o l’orologio, ma il prestigio che questi oggetti rappresentano.
Questo meccanismo psicologico è potente perché tocca il nostro desiderio profondo di essere riconosciuti e accettati.
In ogni interazione, dal vivo o a distanza, le persone cercano di soddisfare i propri bisogni sociali (magari ne parlerò in un articolo in futuro, fammi sapere se ti interessa il tema)
L’effetto Zeigarnik: il potere delle cose incomplete
Hai mai iniziato una serie TV e sentito il bisogno di continuare dopo aver lasciato un episodio a metà? Questo succede per via dell’effetto Zeigarnik, che spinge il cervello a voler completare le informazioni incomplete.
Nel marketing, questo principio viene usato per mantenere alta l’attenzione e spingere all’azione.
Le email che dicono “Abbiamo un regalo per te, ma prima…” o gli spot pubblicitari che insinuano una storia senza concluderla sfruttano proprio questo effetto.
Netflix ne ha fatto un’arte, attivando automaticamente il prossimo episodio per evitare che tu esca dal flusso narrativo.
La ripetizione subliminale: quando il cervello si abitua al messaggio
Più senti ripetere un concetto, più finirai per crederci.
E’ un pò il concetto della “profezia che si autoavvera”.
I grandi brand progettano le loro pubblicità con frasi chiave ripetute, suoni familiari e colori che evocano specifiche emozioni.
Le aziende sanno che la familiarità crea fiducia: se un messaggio viene ripetuto abbastanza volte, il cervello lo accetterà come verità.
Non temere di essere ripetitivo, questo infatti è esattamente ciò che devi fare e che ti aiuterà a vincere il muro di rumore di fondo nel mercato.
Focalizzati, trova la tua posizione e il tuo messaggio e non temere di ribadirli a sfinimento.
Sei tu a scegliere o è il marketing che sceglie per te?
Tutte queste leve psicologiche funzionano perché bypassano la logica e parlano direttamente alle emozioni. Il cervello umano prende decisioni rapide e istintive molto più spesso di quanto pensiamo, e il marketing gioca su queste scorciatoie cognitive.
Ora che conosci questi meccanismi, li vedrai ovunque. La prossima volta che sentirai il bisogno improvviso di acquistare qualcosa, chiediti:
è davvero una mia scelta, o sono stato guidato in modo sottile e invisibile verso questa decisione?